Ricordo l’entusiasmo con cui iniziai l’università. Fantasticavo sulle tante cose che avrei fatto dopo, la gente e i luoghi che avrei conosciuto nel mio lavoro. Quattro anni più tardi, a un paio di esami dal traguardo, ero sui gomiti, stanco. Non riuscivo a vedere il percorso fatto. Solo la strada ancora da percorrere. Quei pochi metri sembravano pesanti, pesantissimi e buona parte dell’entusiasmo era andato. Questo sebbene fossi vicino ad entrare finalmente nel mondo del lavoro, e coronare qualcuno dei miei sogni.
E cosa dire degli investitori che seguirono, chi più chi meno, il sogno dot-com alla fine degli anni ’90, conferendo a quel settore valutazioni eccezionali? Questo sebbene si fosse molti anni indietro dalla tecnologia e l’infrastruttura necessari per rendere internet capace di rivoluzionare il mondo. Una decina di anni dopo, la tecnologia e l’infrastruttura erano pronti. Tuttavia, quegli stessi investitori erano stanchi. Bruciati e consunti dalle delusioni passate, erano in buona parte incapaci di individuare le incredibili opportunità nel settore che facevano capolino intorno al 2010.
Andiamo indietro di qualche mese, a marzo, e ragioniamo.
- Il rialzo dei tassi sembrava allora inevitabile, per quanto indecifrabile per durata ed intensità.
- I tassi a zero erano una maledizione, riflesso di un mondo malato e privo di crescita.
- La globalizzazione che arricchiva pochi e impoveriva molti, spingendo il populismo, e che, come visto durante il Covid, ci rendeva dipendenti dalla Cina, era un problema che andava risolto.
- Tante erano ancora le paure sul Covid e su un suo ritorno.
- La supply chain era bloccata.
- Putin aveva invaso l’Ucraina e l’ipotesi che avrebbe potuto interrompere le forniture di gas suonava come apocalittica.
Oggi dove siamo?
- Il tasso di sconto negli USA è passato da 0,5% a 3,25%. A buon senso siamo vicini alla fine della fase di rialzista. Sia che il rialzo si chiuda al 4% che al 4,5%.
- Il rallentamento economico è ora palpabile, elemento indispensabile per stroncare l’inflazione.
- Le componenti inflattive esogene legate alla guerra e alla supply chain stanno gradualmente rientrando, mentre stanno ancora aumentando i salari, elemento questo estremamente positivo perché porta all’aumento del potere di acquisto del consumatore. Questa è l’ultima coda inflattiva ed è anche quella che aiuterà, più avanti, la ripresa dei consumi. Non va stroncata con una forte recessione. La Fed lo sa.
- La speculazione in alcune aree (dalla tecnologia ai bitcoin fino ai meme stocks, per fare degli esempi) è ora in parte rientrata.
- La guerra sembra avviata verso la sua fase finale, con l’Ucraina che ha fermato l’avanzata russa e la Russia che cerca di assicurarsi i territori conquistati con referendum farlocchi e con la mobilitazione di centinaia di migliaia di soldati. Una situazione di stallo, con un cessate il fuoco e lunghi negoziati sembra ora la situazione più probabile. Entrambe le parti sono stanche e vogliono tornare alla normalità. Putin vede ora il rischio di perdere la neutralità dell’India e il supporto della Cina, che, a loro volta, vedono il rischio di perdere parte del business in Occidente. L’Ucraina non può rischiare di perdere l’ultimo sbocco sul mare.
- Il blocco del gas russo non sembra portare a quella situazione drammatica che si temeva e alternative sono state predisposte. Ora l’upside risk risiede nella eventuale ripresa delle forniture.
- Il Quantitative tightening (QT) è appena iniziato e impedirà che, una volta finito il rialzo dei tassi, il mercato torni a speculare su asset che non producono cash. Il QT riporterà il focus sul cash prodotto dalle società e sulla loro valutazione rispetto al cash che queste possono creare (cash earning per share).
E le valutazioni?
Il mercato ama esagerare e le valutazioni sono in moltissimi casi ai livelli, o sotto, le valutazioni a cui eravamo giunti in pieno Covid. Sono livelli impensabili, inaccettabili e rappresentano l’occasione di acquisto di questo decennio. Nel 2008 arrivammo a valutazioni simili, ma eravamo in presenza di un rischio esistenziale per il capitalismo stesso. Oggi:
- Il tessuto finanziario è solido.
- Vi sono trend potenti in corso, quali la transizione energetica o la deglobalizzazione (con la rilocalizzazione dalla Cina ai paesi Occidentali di alcune attività produttive strategiche), o ancora il miglioramento e lo sviluppo delle infrastrutture civili e digitali.
- L’inflazione ci porterà fuori dalla stagnazione, ridurrà i debiti pubblici e, dopo una prima fase di shock, migliorerà la percezione del futuro (e la propensione al consumo) delle persone.
- L’inflazione rende il mercato azionario, espresso in termini nominali, ancora più attraente.
- L’attuale rallentamento economico è amministrato dalle istituzioni, le stesse che hanno come obiettivo il benessere delle famiglie. Come tale è gestibile e verrà gestito. Non andrà fuori controllo. Fuori controllo può andare per un breve periodo il mercato azionario, guidato come sempre dalle paure, la leva, gli short e un cattivo risk management.
- Come nei primi anni 80, una volta che la fine dei rialzi dei tassi sarà all’orizzonte, la salita dei mercati azionari sarà eccezionale. Paesi che vedono i loro mercati stagnare da uno o più decenni, come Giappone, Corea ed Europa, per nominare i più celebri, usciranno da questa fase prepotentemente. La molla viene compressa ogni giorno…
Difficilmente potremmo trovarci in un momento migliore per investire sul mercato azionario. E proprio come a pochi esami dalla laurea, la percezione risulta probabilmente quella opposta.
Articolo preso da Niche Asset Management